intestazione sol cobas

Israele sonista terrorista

Ai militanti del sindacalismo di classe e dell’autorganizzazione operaia

 

Premessa

 

E’ ormai di dominio pubblico che, a partire dal coordinamento nazionale del SI.Cobas del 20 marzo, si sia prodotta una spaccatura all’interno di uno spezzone significativo del sindacalismo indipendente e di classe. Un’esperienza che, nei suoi 8 anni di esistenza, si è distinto per aver condotto battaglie vincenti nel settore della logistica, mettendo in moto un processo di ricomposizione operaia, almeno in questo settore, attraverso l’utilizzo di strumenti storici essenziali quali gli scioperi condotti fuori da ogni compatibilità con le logiche padronali, i picchetti operai e la solidarietà di classe come prassi sistematica e non come vuota enunciazione.

 

In realtà è emersa con prepotenza la contraddizione, divenuta oggi insanabile, latente negli ultimi anni, e letteralmente esplosa dopo lo sciopero nazionale del 18 marzo che ha fatto emergere questioni di carattere politico e metodologico portando alla costituzione di due schieramenti contrapposti.

 

  • Da una parte la maggioranza del coordinamento nazionale del SI.Cobas (composto fondamentalmente dai suoi “padri fondatori”, usciti dallo SLAI-Cobas ed in buona parte da una cerchia di “militanti di professione” nominati e selezionati sulla base della loro fedeltà al coordinatore nazionale), che ha progressivamente lavorato per emarginare i delegati più combattivi e a emarginare qualunque forma di opposizione politica

  • Dall’altra la maggioranza dei delegati milanesi e lombardi che, attraverso una serie di assemblee autoconvocate, hanno contrastato questa deriva burocratica, tentando di porre la discussione su un terreno politico.

 

Una spaccatura, fondamentalmente voluta e condotta da buona parte della direzione nazionale del SI.Cobas, portata avanti in maniera scomposta attraverso una vera e propria campagna di calunnie e diffamazioni, mai sostenute da un briciolo di riscontro oggettivo, sfociata infine nell’espulsione di due dirigenti milanesi per poi ricorrere a comunicazioni esplicite rivolte ai padroni per “prendere possesso” dei Cobas aziendali. Una deriva burocratica che pone il corpo militante operaio di fabbrica del SI.Cobas di fronte ad un bivio senza ormai ulteriori appelli possibili:

 

  1. proseguire sulla strada della lotta e della indipendenza di classe, contro ogni forma di burocratismo e di direzione/controllo antidemocratico del sindacato, per concorrere e rafforzare il processo di ricomposizione della classe aumentandone forza ed organizzazione;

  2. adattarsi agli obiettivi raggiunti, amministrando il dato di un riconoscimento formale da parte di uno spezzone del padronato che, lungi dal rinunciare ai suoi obbiettivi, cerca di raggiungerli anche con la via della mediazione, cercando di barattare flessibilità e produttività con alcune concessioni al sindacalismo di base atte a superare formalmente il famoso veto dettato dal non essere sigle firmatarie di CCNL o non in linea con gli accordi sulla rappresentanza.

 

Lasciando a chi di dovere il compito di “vincere a tutti i costi e con qualunque mezzo necessario” la propria battaglia per il potere all’interno del SI.Cobas, quel che qui ci preme è cercare di analizzare il contenuto politico delle questioni e, soprattutto, tracciare le linee generali di alcuni passaggi organizzativi indispensabili a non disperdere il patrimonio di esperienza accumulato in anni di lotta, per continuare, invece a dare un contributo al processo di ricomposizione di un movimento di classe unitario e vincente. Per fare ciò pensiamo che sia assolutamente indispensabile andare oltre gli steccati della frammentata galassia delle sigle sindacali per lottare e fare in modo che il sindacato sia, fondamentalmente, nei limiti della sua missione storica e dello strumento che rappresenta, una palestra di lotta reale che sappia sviluppare forza, consapevolezza, organizzazione e coscienza operaia.

Una palestra che, al di là delle possibili conquiste sindacali specifiche, permetta agli organismi reali dell’autorganizzazione di classe (Comitati di Base, Consigli di fabbrica, Coordinamenti operai, ecc) di creare condizioni più favorevoli alla costituzione di una rappresentanza politica e indipendente della classe operaia capace di mettere in discussione il sistema di produzione capitalistico e aprire la strada all’emancipazione del proletariato.

 

  1. La lotta nella logistica, l’ascesa del SI.Cobas e…. il suo punto di caduta

 

Nel corso di 8 anni di battaglia il movimento degli operai della logistica si è guadagnato una posizione autorevole nel panorama sindacale italiano, attraverso una dura lotta contro il sistema schiavistico delle cooperative (laboratorio di super-sfruttamento e flessibilità) e l’infame monopolio dei complici ed organici Sindacati Confederali.

Come un salmone che risale il fiume sfidando la forza delle correnti, un crescente spezzone di operai della logistica ha conquistato, in controtendenza rispetto ad altri settori di lavoratori salariati costretti a pagare la crisi sulla loro pelle, consistenti aumenti salariali e migliori condizioni di vita e di lavoro..

Vittorie considerevoli, oltre ogni ragionevole dubbio, che però, allo stesso tempo, hanno generato contraddizioni di non poco conto, anche all’interno dello stesso SI.Cobas.

Infatti mentre attraverso lo sviluppo della lotta cresceva la forza degli operai organizzati, contemporaneamente saliva il livello della contrattazione passando dalle cooperative ai consorzi di gestione e, continuando a salire nella scala gerarchica degli appalti, arrivando sino ai committenti e alla FEDIT, la principale associazione padronale di categoria.

Ma se da una parte è normale che la lotta e la contrattazione si intreccino in uno sviluppo contraddittorio, dall’altra si è assistito all’affermazione di una linea sindacale che ha contraddetto il percorso di lotta stesso in particolare su due aspetti fondamentali che, nel loro complesso, hanno minato la base essenziale di qualunque forma di sindacalismo di classe, vale a dire la completa indipendenza politica e organizzativa del sindacato rispetto ai padroni

:

1) La perenne richiesta di riconoscimento formale da parte padronale pretesa dal SI.Cobas.

2) L’accettazione della richiesta, avanzata dai padroni di autoregolamentare gli scioperi

 

La possibilità di sedersi al tavolo con i principali dirigenti aziendali (sempre più frequentemente spesso all’insaputa dei delegati di fabbrica), ottenuta attraverso centinaia di scioperi, fra cui 7 a carattere nazionale, invece di essere una conquista, ha finito per trasformarsi in un boomerang per l’intero movimento di lotta, grazie ad accordi sindacali che, ben lungi dall’essere risultati storici per il movimento sindacale autorganizzato (così come invece sono stati spacciati dalla direzione nazionale del SI.Cobas) hanno rappresentato una letterale capitolazione alle politiche e agli interessi padronali1

Il tentativo di criticare questi accordi2, chiedendone la revisione integrale, in realtà, è esattamente il motivo scatenante della divisione/scissione provocata dall’escrescenza burocratica che si è fatta strada nel SI.Cobas intorno al suo coordinatore nazionale Aldo Milani

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2. Sindacato e partito: una distinzione fondamentale

 

Il processo di capitolazione sopra descritto, in realtà, trova le sue radici nella convinzione di buona parte del gruppo dirigente del SI.Cobas che, mancando in questa fase un’organizzazione politica (partito rivoluzionario) capace di guidare l’insieme del proletariato sulla strada della lotta contro il capitalismo, il SI.Cobas si deve necessariamente assumere questa responsabilità dato che la classe lavoratrice non può superare la propria condizione di schiavitù se non sotto la guida di una direzione politica autorevole.

Negando il principio che la “l’emancipazione degli operai deve essere opera della classe operaia stessa” si liquida la questione strategica del Partito con una delle peggiori pantomime dello stesso in chiave iper-personalista e conseguentemente iper-autoritaria.

Un errore di valutazione gravissimo dalle conseguenze ancor più gravi.

Il sindacato, qualunque sia la sua caratteristica politica di fondo, non può che essere un’organizzazione di massa dei lavoratori, finalizzata alla difesa delle proprie condizioni di lavoro e di vita e, laddove ve ne sono le condizioni (come nel caso dell’esperienza del SI.Cobas nella logistica in Italia), a organizzare la battaglia per conquiste significative.

Detto in altri termini, il sindacato, può trovare la sua unità, quindi la sua forza, solo a partire dalle condizioni materiali concretamente vissute dalla classe operaia (e dal proletariato in generale) vista nel suo insieme come il prodotto di rapporti sociali di produzione determinati dalla storia stessa dello scontro tra le classi..

Pensare, affermare o sostenere che il sindacato debba farsi carico della mancanza di un partito politico proletario e rivoluzionario, e addirittura pensare di imporre che questa sia il cuore organizzativo del sindacato si è rivelata quindi una vera e propria aberrazione da cui, in linea di massima, discende la sostanza dei problemi che si sono generati e producendo, infine, la politica di epurazioni, sopra descritta.

 

A nostro parere il sindacato, come precedentemente affermato, oltre che strumento concreto di difesa e rafforzamento della classe lavoratrice, va concepito innanzitutto come fondamentale palestra di lotta per la classe operaia, a maggior ragione nei paesi a capitalismo avanzato, laddove le direzioni politiche riformiste hanno spinto le classi subalterne verso logiche di compatibilità con la società borghese e, in ultima istanza, verso lo scetticismo rispetto a qualunque ipotesi di cambiamento radicale.

Un Nuovo Movimento Operaio, avrebbe invece bisogno, innanzitutto, di crescere come fucina di lotta, come laboratorio operaio reale capace di contendere all’avversario di classe elementi concreti su cui si basa il suo dominio (a partire dal controllo operaio sull’organizzazione del lavoro).

Ma per far questo, un tale movimento, dovrà scrollarsi di dosso tutto il ciarpame riformista che lo ha storicamente condizionato e ingabbiato; e lo potrà fare solamente sbarazzandosi di logiche organizzative piramidali e verticiste che calpestano la democrazia operaia e che non sono espressione diretta e conseguente del movimento di lotta.

 

Senza sminuire, neanche per un momento, la questione centrale dell’organizzazione, siamo assolutamente convinti che essa non potrà, in alcun modo, derivare da logiche di centralismo assoluto (come quello che si è prodotto nel SI.Cobas), fondato su una presunta ideologia politica più avanzata e superiore, ma, al contrario, potrà solamente essere il frutto reale dello scontro di classe che si esprime e si organizza concretamente e quotidianamente.

 

Il rapporto fra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni politiche deve quindi essere affrontato con rigore, salvaguardando da una parte l’indipendenza del sindacato e dall’altra il pluralismo politico, ma, soprattutto, valorizzando gli organismi di base della classe operaia, e i coordinamenti di lotta che ne derivano.

 

  1. La svolta obbligata, la nascita del SOL Cobas e la prospettiva necessaria

 

Non è certo la prima volta che la storia reale dei movimenti di classe si scontra con la sua stessa direzione. E questa è esattamente la chiave di lettura utile a comprendere le decisioni prese dal corpo principale dei delegati milanesi del SI.Cobas. Delegati che a maggioranza, lo ripetiamo, hanno deciso prima di contrastare e respingere le decisioni della sedicente direzione nazionale, per poi giungere alla conclusione, sulla base di un’autonomia decisionale, radicata in fabbrica e sfociata nello sciopero nazionale del 18 marzo, di andare verso la fondazione di una nuova Organizzazione Sindacale, basata effettivamente sulla lotta operaia e sui dirigenti che essa è capace di esprimere.

 

Un “nuovo percorso” che, nelle intenzioni dei suoi promotori, non vuole in alcun modo essere un nuovo sindacatino, pur consapevoli del rischio che, nei fatti, potrebbe anche rischiare di rappresentare solo un’ulteriore frammentazione del movimento attuale. In altri termini siamo coscienti che, di per sé, non rappresenta un passo avanti, ma solo una scelta necessaria per evitare che le energie migliori prodotte da questi anni di lotta vengano riassorbite in una logica sindacale fondata sulla concertazione e che quindi il movimento venga progressivamente e le avanguardie reali vengano disperse.

 

La sfida è notevole e si fonda necessariamente su tutte quelle esperienze di lotta e di autorganizzazione proletaria con le quali puntiamo a dialogare apertamente e soprattutto a costruire momenti di lotta effettivi, su una piattaforma di lotta generale condivisa, senza nessuno spirito proprietario o di orticello.

Un percorso concreto, in altri termini che ci auspichiamo possa condurre, il prima possibile, ad un congresso di fondazione di un soggetto capace di fare un serio passo in avanti nella costruzione di un autentico Sindacato di classe in Italia e, più in generale nella costruzione di un’organizzazione politica ed indipendente del proletariato capace di collegarsi, su scala internazionale, con le espressioni più avanzate del Movimento Operaio.

 

Assemblea di fondazione del SOL Cobas

 

Peschiera Borromeo (MI)

12 giugno 2016

 

16 giugno 2016 2 Assemblea costituente del Sol Cobas Peschiera BorromeoMI

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