intestazione sol cobas

Israele sonista terrorista

VERTENZA NAZIONALE SDA:

GIÙ LA MASCHERA

La SDA, azienda nata nel 1984 per operare nel settore delle spedizioni espresse e che dal 1988 fa parte del gruppo Poste Italiane (e che conta attualmente circa 1.500 lavoratori diretti e 7mila indiretti, di cui 4.500 sono corrieri e gli altri facchini), pronunciandosi sugli scioperi che

stanno riguardando i suoi Hub e le sue filiali, promossi prima dal SOL.Cobas e poi dal SI.Cobas, spiega attraverso un suo comunicato titolato «Logistica: si interrompano immediatamente le agitazioni dei Cobas per tornare alla normalità nella consegna dei pacchi In Sda» (vedi il link allegato https://www.sda.it/SITO_SDA-INSIDEX-WEB/pages/Comunicato_Stampa/129) che la «protesta strumentale delle sigle sindacali Cobas» ha determinato una situazione che «mette a repentaglio il lavoro di migliaia di maestranze dirette e indirette dell’indotto dell’e-commerce e comporta, inoltre, danni certi per il blocco delle attività produttive per Sda e la conseguente interruzione del servizio pubblico postale».

Se questa è la reale preoccupazione di SDA, c’è da chiedersi, a nostro avviso, perché ad oggi SDA non abbia fatto tutto quello che è nelle sue facoltà per risolvere la situazione attraverso la via delle relazioni sindacali privilegiando invece quella della “stretta e continua collaborazione con le Istituzioni e le Forze dell’Ordine affinché si possa immediatamente risolvere la situazione consentendo il ritorno alla normalità.»

Un quesito che tornerà utile per capire interessi in ballo e possibili scenari.

Nel precedente comunicato tracciavamo un primo bilancio della lotta che ha attraversato la filiera SDA in risposta al tentativo di licenziare 43 operai precari in forza presso l’hub di Carpiano. Una vertenza condotta in solitaria dal SOL COBAS che, dopo una settimana di mobilitazione e di scioperi, ha raggiunto gli obiettivi prefissati, grazie, ancora una volta, alla forza dell’unità e della lotta operaia

  1. I licenziamenti sono stati respinti

  2. Il fornitore che li ha messi in atto è stato estromesso dall’impianto

Immediatamente dopo la chiusura positiva di questa prima fase della battaglia, che ha visto l’assenza consapevole del SI.Cobas che ha dato indicazione ai suoi iscritti di non partecipare, mettendoli in una condizione di palese crumiraggio, ecco che lo stesso scende in campo avviando una serie di scioperi e blocchi per contestare sostanzialmente che nell’accordo che la nuova cooperativa del fornitore UCSA ha firmato con il SOL.Cobas, non è esplicitata espressamente (pur riconoscendo l’anzianità pregressa maturata dai lavoratori) la disapplicazione del Jobs Act. Il SI.COBAS pretende poi di applicare il suo secondo accordo sottoscritto con la Fedit, che venga posticipata a fine anno la procedura di cambio appalto e, ma questo non lo scrivono nei loro comunicati, l’esclusione dei 43 operai precari dalla procedura di cambio appalto (per i quali non hanno lottato) per “tutelare” i lavoratori stabili allertando i loro associati sula criticità di una situazione di esuberi che l’azienda non ha però mai manifestato (vedi link/video: intervento di Aldo Milani)

Al di là delle dovute precisazioni politiche e sindacali che seguiranno sta di fatto che la parte padronale registra sul campo una mobilitazione operaia che pur creandogli un danno si presenta scomposta e porta in seno una frattura nella quale potersi inserire.

Certamente preferiremmo di gran lunga poterci concentrare su come proseguire sulla strada di una ricomposizione reale di classe, che si nutre principalmente delle vittorie conseguite, puntando cioè, nello specifico, a eliminare tutte le forme di intermediazione (legate al mondo delle cooperative, ma non solo) per poter affrontare direttamente i colossi nazionali e internazionali che gestiscono il settore dei trasporti, della logistica, etc; un processo che però risulta impossibile se non si affrontano le pesanti contraddizioni che emergono nello stesso fronte di lotta, cercando la massima chiarezza sugli avvenimenti, sia rispetto al succedersi dei fatti concreti, sia rispetto alle posizioni che i vari soggetti esprimono durante il loro svolgimento.

A fronte della situazione determinatasi, la SDA decide di mostrare i muscoli ed effettua la serrata dell’Hub di Carpiano, nel tentativo di seminare incertezza e paura nelle fila dei lavoratori che si riconoscono nelle organizzazioni del sindacalismo di base - i Cobas in questo caso - e “stuzzicando” gli altri dipendenti diretti ed indiretti, nel tentativo di innescare una mobilitazione reazionaria in relazione alla «protesta strumentale delle sigle sindacali Cobas» che mette a repentaglio l’occupazione.

Mentre le sigle Cobas non riescono a mettersi insieme, il padrone lo fa abilmente, invocando Procure, Istituzioni e Forze dell’Ordine per risolvere «le agitazioni dei Cobas».

La responsabilità delle due sigle Cobas interessate, SOL e SI, sarebbe quella di prendere atto di ciò e contrastare congiuntamente una situazione che suona come un tentativo di far piazza pulita presso i magazzini SDA del sindacalismo conflittuale, forse anche in vista dei futuri possibili scenari che si preparano per la SDA in relazione alla sua collocazione di mercato. Ma al momento, seppur presentandosi le condizioni oggettive (l’attacco padronale) mancano quelle soggettive.

La ristrutturazione ed il processo di privatizzazione che da tempo stanno interessando il gruppo Poste Italiane, di cui SDA fa parte, prevede infatti futuri cambiamenti anche per questa azienda. Quanto futuri siano questi cambiamenti non possiamo dirlo con certezza, ma dalle indiscrezioni rese dalla stampa non è fantasioso affermare che c’è un interessamento di acquisizione da parte di AMAZON (vedi: http://www.trasportoeuropa.it/index.php/loagistica/archivio-logistica/15829-amazon-punta-a-un-corriere-in-italia) che intende in prospettiva diventare un corriere di portata internazionale (vedi: https://www.tomshw.it/amazon-vuole-consegnarti-pacchi-domani-corriere-80335).

In Italia SDA è il corriere a cui Amazon affida gran parte delle sue consegne e con cui ha già un'integrazione operativa e non è quindi escluso che Poste Italiane voglia cederla nell’ambito del suo processo di ristrutturazione visto che, nonostante l’aumento dei fatturati, la SDA chiude sistematicamente i bilanci in perdita (la perdita del 2015 ammonta a 34 milioni di euro).

Normalizzare” la forza lavoro sarebbe, da un punto di vista padronale, un valore aggiunto sia in riferimento a qualsiasi discrezionalità sull’operatività aziendale che a qualsiasi ipotetica vendita dell’azienda.

Dal nostro punto di vista, in relazione alle circostanze e allo sviluppo di questa vertenza, pur auspicando l’unità di azione dei lavoratori in lotta a fronte di chiari obiettivi, teniamo a precisare alcune questioni, partendo dai fatti concreti e non dalle opinioni, che sono sempre di parte.

I fatti

Nell’hub milanese lavorano circa 400 operai, di cui 365 con contratto a tempo indeterminato, grazie ad una battaglia che abbiamo condotto sotto le bandiere del SI.Cobas, iniziata nel 2011, che ha imposto l’applicazione integrale del CCNL e, a partire dal 2015, persino condizioni di miglior favore che hanno scardinato l’impostazione del cosiddetto “accordo ribalta” siglato dai sindacati confederali. Proseguita, poi sostanzialmente sotto quelle del SOL.Cobas, nel mese di novembre 2016, la forza lavoro è stata successivamente integrata con l’assunzione di 43 operai a tempo determinato che, dopo 3 rinnovi, erano in forza con contratto in scadenza a fine 2017.

Il 4 settembre scatta l’attacco del Consorzio Progresso Logistico (CPL) che detiene l’appalto negli hub SDA di Milano e Roma, oltre che in diverse filiali periferiche, da circa 18 anni.

L’attacco si concentra in una comunicazione verbale di sospensione dell’attività per tutti e 43 gli operai precari e il conseguente blocco del sistema di rilevamento automatico della presenza.

I delegati del SOL Cobas reagiscono immediatamente e impongono l’ingresso dei 43 operai per poi respingere le forze dell’ordine che, seppur con atteggiamento “dialogante”, intervengono per imporne l’allontanamento.

L’11 settembre infine, di fronte ad una palese accondiscendenza di SDA alla manovra del CPL, scatta lo sciopero sulla base di una semplice rivendicazione: estromissione del CPL, autore della provocazione, con conseguente mantenimento dei livelli occupazionali.

Nei tre giorni successivi lo sciopero si estende all’hub di Piacenza e alle filiali di Novara, Vimodrone, Gorgonzola, Como, Bergamo, Cuneo e Ascoli.

All’indomani del picchetto del 14 settembre, SDA annuncia l’estromissione del CPL e l’affidamento dell’appalto, con gara di urgenza, al consorzio UCSA. Il giorno successivo UCSA firma l’accordo di cambio appalto che, come prassi ormai consolidata da anni, a Carpiano e non solo, garantisce l’assunzione di tutta la forza lavoro, il rispetto delle condizioni economiche e normative esistenti derivanti dagli accordi di II livello siglati a dicembre 2016 e la retribuzione di mezz’ora di pausa giornaliera

E’ solo a questo punto che entra in campo il SI.Cobas, che inizio a picchetti in vari magazzini di SDA nel paese, contestando le modalità del cambio di appalto e l’accordo siglato da UCSA e SOL Cobas, pretendendo sostanzialmente quanto sopra esposto.

La volontà della maggioranza operaia dell’Hub SDA di Carpiano, che ha rischiato e si è messa in gioco ottenendo risultati incontrovertibili, in particolare il respingimento dei licenziamenti (ignorata dal SI.Cobas attraverso un atteggiamento corporativo manifestatosi con il crumiraggio) e l’estromissione del CPL fautore dell’attacco ai lavoratori, si trova ora nelle condizioni di dover far fronte alla volontà di una O.S., il SI.Cobas in questo caso, che in barba a principi elementari di democrazia operaia (se proprio dobbiamo metterci a contare i numeri nell’hub milanese epicentro dello scontro) pretende di far valere la sua volontà, più o meno condivisa dai suoi associati presso l’Hub, giocandosi lo stato di agitazione e sciopero nella filiera.

Rivendicando la supremazia al tavolo della trattativa in quanto “sindacato maggioritario nei facchini” viene così contrastata una vittoria operaia, per imporre i propri interessi di bandiera.

Dal nostro punto di vista, diciamo subito, che non abbiamo nessun problema verso il fatto che il SI.Cobas firmi il suo accordo inclusivo di tutte le specificazioni che vuole (non applicazione del Jobs Act, etc), ma non può imporre l’applicazione di questioni su cui il magazzino si è già espresso deliberando a maggioranza le sue scelte e non può chiedere la testa di nessun operaio.

Quello che non è accettabile è che un sindacato che si dichiara dalla parte dei lavoratori voglia imporre la sua volontà sulle loro teste (o almeno gran parte). In virtù di questo teniamo a precisare:

Punto uno.

Qualsiasi accordo, per quanto formalmente possa essere perfetto risulta carta straccia in assenza di un reale rapporto di forza. Esercitare la forza per una o più precisazioni, anche se ritenute fondamentali, mentre si girano le spalle a dei licenziati, facendo leva sulla pancia dei lavoratori per preservare le loro pseudo “garanzie”, in barba al destino dei loro compagni, ci lascia con l’amaro in bocca e svilisce/tradisce i punti fermi di un movimento reale che il SI.COBAS ha contribuito a far crescere con la pratica dello slogan/programma “Toccano uno, Toccano tutti!”. Lottare contro il Jobs Act e non lottare contro i licenziamenti è, a nostro avviso, una pantomima. Farsi poi promotore di un’istanza di esuberi che la Società non ha mai formalizzato, significa porsi sul versante aziendale intimorendo i lavoratori per non farli lottare per i loro compagni.

Punto due.

La maggioranza dei lavoratori, in relazione alla provocazione della CPL si è espressa per la sua immediata estromissione, senza prendersi la briga di soprassedere sino a fine anno per motivi legati a doppio CUD, stipendio da percepire, TFR o altro. La decisione è stata politica e non sindacale.

Punto tre.

Voler applicare per forza gli accordi Fedit in un magazzino che li ha già respinti con uno sciopero della maggioranza degli operai di Carpiano è voler imporre il proprio diktat per fini di organizzazione.

Un magazzino che si è espresso contro un accordo siglato nell’ottica di garantire competitività aziendale e maggiore flessibilità.

Un accordo che mentre decanta l’ottenimento di pseudo coperture assicurative private che dovrebbero risarcire i lavoratori con patologie di una certa entità, apre la porta all’attacco al diritto di malattia, già passato in altri settori e che il padronato è intenzionato a far passare anche nel CCNL “Spedizioni trasporto Merci e Logistica, recependo, in deroga a quanto stabilisce il CCNL di CGIL-CISL-UIL e l’attuale normativa di legge, la limitazione della copertura integrale del diritto di malattia limitandola ad un massimo di quattro eventi l’anno (uno per trimestre), per i quali verrà riconosciuta l'integrazione al 100% dal primo giorno, compresa quindi la carenza, per non più di sette giorni di calendario ad evento, eccezion fatta per i ricoveri ospedalieri e le malattie gravi..

Un accordo che lega il riconoscimento di due giornate aggiuntive di permesso retribuito l'anno a “specifici confronti con le imprese appaltatrici, laddove venga ravvisata l'esigenza di procedere a forme di flessibilizzazione dell'attività lavorativa”.

Un accordo che introduce una procedura di raffreddamento, che lede l’agibilità e la libertà di sciopero da parte degli operai prevedendo il seguente iter:

  • Comunicazione scritta, contenente i motivi della controversia, indirizzata sia alla società appaltatrice che al committente con formale richiesta di incontro.

  • Apertura, in tempi brevi, del tavolo di trattativa nel corso del quale le parti si astengono da qualsiasi forma di protesta.

  • Esaurita la procedura di cui sopra e, quindi, non prima di aver discusso la controversia con l’azienda appaltatrice, in caso di mancato accordo, le O.O.S. potranno proclamare lo stato di agitazione.

Punto 4.

Pretendere come condizione sine qua non l’estromissione dei 43 lavoratori a termine, per cui il magazzino si è battuto, dal fornitore entrante è cosa che si commenta da sola.

Un comportamento che giudichiamo deplorevole ed avvilente che già abbiamo riscontrato in altre forme, in riferimento alla nostra Organizzazione, negli scioperi alla DHL di Carpiano e Bologna promossi dal SI.COBAS per impedirci di effettuare un’Assemblea nell’impianto DHL di Carpiano, (assemblea poi fatta vista la maggioritaria adesione dei lavoratori al SOL.COBAS), così come, per parlare di altre sigle, alla TNT di Piacenza per impedire alla USB di svolgerla internamente con i suoi associati.

Com’è possibile difendere la necessità di ridurre la forza-lavoro per “non offrire il fianco” a manovre padronali rispetto a possibili futuri esuberi?

Com’è possibile che il blocco dei cancelli a Carpiano (esercitato contro la volontà di una maggioranza operaia che, avendo vinto la battaglia intrapresa, per ovvie ragioni, vuole rientrare a lavoro e non partecipare ad uno sciopero strumentale agli interessi d’organizzazione del SI.Cobas) veda la presenza sistematica di dirigenti e responsabili della cooperativa estromessa dall’appalto che distribuiscono cibo e bevande davanti ai cancelli occupati dal SI.Cobas, acclamati dai suoi militanti e che fanno proselitismo a suo favore?

Com’è possibile infine che, per difendere il proprio inqualificabile operato, il SI.Cobas ricorra alla falsificazione dei dati oggettivi, propagandando un’inesistente capitolazione dei delegati del SOL.Cobas tramite un accordo che, invece, non fa altro che mettere in pratica, come sempre avvenuto in decine di cambi appalto, la continuità di tutti “i diritti” acquisiti (con la lotta) e, anzi, ottenendo la riduzione formale dell’orario lavorativo di 30 minuti al giorno (vedi anche la stessa comunicazione rilasciata dalla cooperativa nel tentativo di far chiarezza in merito all’accordo sottoscritto con il SOL-Cobas)?

Come è possibile propagandare un’inesistente clima di intimidazione antisciopero da parte del SOL.Cobas che ha evitato, per scelta politica, qualsiasi contrapposizione frontale con i lavoratori iscritti al SI.Cobas per non offrire al padrone l’avvilente spettacolo della guerra tra operai e dargli una carta in più per dispiegare l’azione repressiva che ormai invoca apertamente richiedendo l’intervento della forza pubblica e di tutte le forze politiche istituzionali, di destra e sinistra, che intendono approfondire il loro tentativo di mettere fuori legge (o limitare pesantemente) il diritto di sciopero?

Domande inquietanti di fronte alle quali ognuno è libero di fornire la propria risposta, più o meno articolata ed esaustiva. Certamente noi individuiamo la risposta nella denuncia pubblica di un’attitudine a mettere al primo posto gli interessi della propria organizzazione, attraverso la conta dei numeri finalizzata a logiche politiche di “rappresentatività delegata” che, in fin dei conti, nulla hanno da invidiare ai sindacati di Stato.

Reputiamo necessario, quindi, un bilancio oggettivo, per certi versi spietato, delle dinamiche politiche interne che si sono palesate in questa vertenza ma al tempo stesso vorremmo che si riuscisse a rimettere al centro del dibattito sindacale questioni di interesse generale degli operai in lotta, o che, anche a breve, potrebbero entrare in battaglia, sospinti innanzitutto da condizioni materiali sempre più pressanti e insostenibili.

Un dibattito sullo sviluppo di un movimento davvero coinvolgente, che riguardi la prospettiva concreta dentro la quale muoversi e che va ricercata nelle nuove istanze che la lotta di classe mette in campo, sospinta da cambiamenti profondi ed epocali che radicano nello sconvolgimento della stessa composizione del proletariato divenuta internazionale.

Un dibattito che deve avere come presupposto l’emarginazione di qualunque posizione politicamente settaria.

Un dibattito ed una prospettiva che non necessitano tanto di una semplice denuncia del carattere anti-operaio e anti-popolare del sistema capitalista e dei suoi assetti politici congiunturali. Una prospettiva che non può fondarsi sull’affermazione tra le fila operaie di forme di rappresentanza pre-costituite.

Viceversa una simile rivoluzionaria prospettiva può prendere corpo solo a partire da obiettivi di carattere strategico (aumento dell’occupazione, riduzione dell’orario di lavoro, controllo dell’organizzazione del lavoro, cancellazione dell’intermediazione delle cooperative e non solo, costituzione di organismi di contro-potere operaio effettivi, ecc) su cui tentare di unificare le lotte specifiche che si sviluppano sul terreno della rivendicazione sindacale.

Un dibattito fondamentale che dovrebbe coinvolgere tutti i militanti di tutte le compagini sindacali e politiche schierate su un fronte di classe, tutte e ciascuna poste di fronte alla necessità di superare i propri limiti e di aprire nuovi percorsi dove primeggino le istanze operaie che si costruiscono nella lotta, al servizio delle quali dovrebbero mettersi le diverse organizzazioni stabili.

Operare in senso inverso, non può che portare al contenimento e al riflusso della lotta di classe e, allo stesso tempo, all’atrofizzazione di qualunque organizzazione sindacale o politica.

Le accuse del SI.Cobas di essere provocatori e fautori di un arretramento delle condizioni salariali e normative per i lavoratori operanti sull’impianto SDA di Carpiano sono propaganda di bassa lega per fini di bottega.

Quello che auspichiamo, nello specifico della vertenza in corso, è che nello svolgimento della propria condotta politico-sindacale ognuno si assuma le proprie responsabilità non offrendo il fianco al padrone, privilegiando gli interessi e l’unita di lotta degli operai. Che si smetta con la calunnia e la denigrazione esercitando la critica su presupposti corretti e genuini concentrandosi a contrastare le manovre antioperaie.

Siamo entrati in sciopero con precisi obiettivi, e continuiamo ad essere mobilitati anche all’indomani dell’accordo sottoscritto con la USCA per l’Hub di Carpiano perché la realtà che ci si presenta dinnanzi è assai delicata e complessa, perché chi salva la pelle agli operai sono gli operi stessi.

ASSEMBLEA PUBBLICA SOL COBAS

Milano 23 settembre 2017                    www.solcobas.org

 

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