A FIANCO DELLA RESISTENZA PALESTINESE
SENZA ALCUN SE, SENZA ALCUN MA
La progressiva invasione da parte di Israele dei territori palestinesi (oltre l’80% del territorio della Palestina storica), torna a far sentire il rumore dei cannoni e delle bombe.
Come sempre i media mainstream si affannano a produrre immondizia propagandistica con l'unico obiettivo di creare consenso intorno allo stato teocratico sionista d'Israele (con il 4° esercito mondiale finanziato al 90% da capitale statunitense) nella sua opera di vero e proprio genocidio, che ebbe storicamente inizio nel 1948 (la Nakba), con l’espulsione dei palestinesi dalla propria patria.
L'identità stessa del popolo palestinese si identifica pertanto con la sua strenua resistenza ad una occupazione politico-militare alimentata dai crescenti insediamenti di coloni ebraici, veri e propri avamposti "civili" quale parte integrante e attiva dell'occupazione. L'attuale esplosione del conflitto va quindi inquadrata, innanzitutto, come reazione sion-imperialista alla legittima resistenza di un intero popolo ridotto a vivere in veri e propri campi di concentramento a cielo aperto (impossibilità di varcare i confini militarizzati, black-out permanenti di acqua, luce e gas, sabotaggio delle strutture scolastiche e sanitarie,...) e nei campi profughi dei paesi confinanti.
Di fronte a tale evidenza storica è opera complice e criminale la strumentalizzazione mediatica e politica di eventuali "eccessi" della resistenza palestinese nei confronti dei coloni sionisti. I bombardamenti a tappeto d'Israele su Gaza, con l'esplicito obiettivo di sfondare i confini della prigione e indirizzare l'invasione decennale verso una "soluzione finale, rievoca quanto fatto e teorizzato dal nazismo.
Siamo contro la politica dei "due popoli, due stati" nella stessa misura in cui non riteniamo praticabile una qualsivoglia forma pacifica di convivenza tra oppressi e oppressori. L'interesse dell'intero proletariato mondiale, sottoposto alla devastazione dell'imperialismo giunto all'ultimo stadio della sua crisi, non può essere altro che la demolizione politica e giuridica dei presupposti stessi su cui si è fondato lo stato sionista, quale avamposto insostituibile degli interessi economici, politici e militari dell'imperialismo occidentale, in un'area geo-politica che, da sola, produce circa il 68% del greggio mondiale.
Il nostro sostegno incondizionato alla resistenza del popolo palestinese, a Gaza come in tutta la Cisgiordania, é parte integrante del nostro impegno militante, politico e sindacale, per difendere gli interessi generali e specifici, politici ed economici del proletariato internazionale che, dalla Palestina alla lotta contro la Nato sul fronte russo-ucraino, dalle rivolte anti-coloniali in Africa agli scioperi nelle metropoli occidentali, ha un unico comune interesse generale: costruire forme efficaci di resistenza alla violenza capitalista nella prospettiva di accumulare risorse sufficienti a ribaltare lo stato di cose esistente e farla finita con la classe degli oppressori.